C’è un luogo che non è un teatro, non è una scuola di danza né una palestra. Un luogo che ti accoglie per quello che sei e dove puoi essere quello che desideri, proprio come lui. È C32, la casa di Live Arts Cultures, a Forte Marghera. Uno spazio performativo in una cornice magica, fatta di storia, acqua e terraferma. Fitte radici tra quali coccolarsi ed incontrare arte, fotografie e visioni creative.
Lì dentro, domenica 10 aprile, si è conclusa la quarta edizione del “Corso per Educatori alla Teatralità” promosso da Farmacia Zooè e che guido da quando è nato. Keti, Francesca, Fabio, Samuele, Rossana, Alessandra, Anita, Anna, Daniela, Ilaria e Luca hanno concluso un percorso lungo un anno e mezzo, immersi nei linguaggi del teatro. Hanno sostenuto il loro esame finale portando in scena i loro “progetti creativi”. La performance, la scrittura creativa e l’espressività corporea per raccontare e discutere temi contemporanei che appartengono a tutti noi. Divisi in tre gruppi, hanno scelto un argomento e lo hanno sviluppato in modo creativo e performativo; ne hanno indagato il senso, portando la propria opinione e visione, all’interno di un laboratorio democratico in cui è emerso il pensiero di ciascuno. Ne sono usciti dei progetti coraggiosi, emozionanti e coerenti, stimolati dalle infinite spinte che il teatro sa dare quando lo si percorre liberamente. Tre gli argomenti affrontati: l’abbandono alle nostre passioni, la discriminazione e il “rifiuto” come spunto creativo. Alla base di tutti i lavori c’è stata la fiducia reciproca e il desiderio di esprimersi “giocando” al teatro. Hanno saputo affrontare questioni non sempre facili con la leggerezza che il teatro permette e molte richiede. La scena è stata lo specchio attraverso il quale guardarci ed osservare come le nostre emozioni reagiscono agli eventi che tutti i giorni percepiamo.
Al termine ho guardato negli occhi ciascuno di loro. Ho visto quanto sono cambiati; nei pensieri, nelle azioni sceniche, nelle scelte estetiche e nelle dinamiche del loro gruppo. E mentre li osservavo, come uno specchio, mi sono sentito cambiato pure io, come alla fine di ogni percorso. Perché ogni viaggio che intraprendiamo con gli altri, qualsiasi sia il nostro ruolo nella strada, ci cambia. Trasforma le intenzioni, le parole e le azioni stesse.
Mi accorgo che, ogni anno la mia formazione si affina, si chiarisce, grazie alle domande ai dubbi che come formatore mi pongo continuamente. Guardo la scena e penso: I linguaggi teatrali che abbiamo esplorato sono presenti nella performance? C’è il desiderio in ogni allievo di sperimentarsi oltre ciò che conosce, oltre il mondo che vive e dal quale proviene? Siamo liberi dal giudizio su noi stessi quando ci esprimiamo creativamente?
Mi piace realizzare che c’è sempre spazio per migliorare tutto. Osservo l’importanza del tempo e dei motivi per cui ci formiamo nell’Educazione alla Teatralità. Ed ogni volta che sono confuso ritorno alla domanda: perché il teatro è fondamentale nei contesti educativi? La risposta è quasi banale: per la crescita e lo sviluppo della persona. Come va utilizzato il teatro allora, per raggiungere tale obiettivo?
Per ora posso dire che ogni educatore, grazie al teatro, può aprire spazi di libertà espressiva, lavorando su di se. Molto. Soprattutto sulla relazione, sull’attenzione verso il singolo. Per stimolarlo ad esprimersi liberamente, per sostenerlo nei suoi “abbandoni” al teatro. Non è solo questione di esercizi, abilità, conoscenza. C’è qualcosa in più. Perché il teatro si maschera di scena, ma in realtà è una fedele riproduzione della vita. Una performance continua.